sapete, sono sempre stata una secchiona con le cose che suscitavano in me un certo interesse, quindi, seppure al momento attuale siano davvero pochi i libri che mi suscitino ancora un impulso irresistibile alla lettura, quei pochi li sviscero ed approfondisco per giorni e settimane, a volte.
la dea doppia è uno di questi e il piacere di parlarvene è paragonabile soltanto a quello di essermelo ritrovato tra le mani a conclusione di anni di studi sugli argomenti che tratta. scoprire una sorella shakti che fosse arrivata alle mie stesse conclusioni pur passando attraverso esperienze di vita e sciamaniche totalmente diverse dalle mie mi ha provocato un guizzo di buonumore e fatto sentire meno sola al mondo. perché bisogna ammettere che pur essendo le donne naturalmente propense a esprimere questa particolare natura, poche la assecondano in modo tanto entusiasta e viscerale, come è capitato di fare a me- e all'autrice de "la dea doppia"- nella vita.
il primo libro di vicki noble, il risveglio della dea, di cui tratterò in seguito, mi è capitato tra le mani poco prima dello scorso natale, in una fase del mio percorso in cui davvero credevo che nessun libro potesse più avvolgermi nelle sue spire magiche. e invece eccolo lì, su quello scaffale, insolitamente fuori posto rispetto alla sua collocazione originaria. la statuetta della dea in copertina mi ammicca, la mia migliore amica che mi aveva accompagnato decide di farmi il regalo di compleanno che aveva saltato ad ottobre e quello di natale proprio quel giorno. meno male! perché ero uscita senza soldi. così le ho scroccato anche un altro po' di libri in effetti, visto che c'ero
una cosa che accade spesso, quando si è in contatto con la propria natura sciamanica e si entra in una libreria, è venire attirata esattamente dal libro che soddisfa le domande che ti stavi ponendo in quel preciso momento della tua vita, oppure che ti stimola riflessioni o suscita intuizioni che ti devono portare avanti sul tuo cammino. a maggior conferma della cosa, nel libro vicki raccontava di un episodio sciamanico-librario che le era successo una volta in un mercatino dell'usato dall'altra parte del mondo. il fatto che il libro che l'aveva chiamata a comprarlo fosse lo stesso che anni fa mi obbligò a spendere ben quarantaquattro euro per essere portato via da quello scaffale dove spiccava imperioso (unica volta, poi quel titolo sparì misteriosamente da quella libreria) e mi risucchiò in una spirale mistica di studi terribilmente eccitanti per la mia ghiandola pineale (che per inciso, essendo connessa a quelle sessuali, si eccita provocando un orgasmo cerebrale che non ha niente da invidiare a quello vaginale del punto g)..insomma il fatto non mi ha sorpreso per niente. ma ho pensato. che figata essere una shakti
dopo il risveglio della dea, procurarmi "la dea doppia" è stato inevitabile. da brava tantrica la mia configurazione sinaptica era tutta orientata a concepire l'androginato perfetto come una fusione paritetica tra maschile e femminile in perfetto equilibrio.
e beh.
ho scoperto che la cosa è un tantino più complessa di così. il maschile e il femminile, intesi in senso lato, sono esclusivamente princìpi che si manifestano nel mondo come funzioni, inclinazioni, ruoli. nella cabala si insegna che ogni principio può essere maschile rispetto a qualcosa e femminile rispetto a qualcos'altro, e con questo si intende che la stessa entità, a seconda che sia ricettiva o trasmissiva, può configurarsi come yin o yang rispetto ad un'altra entità. pur avendo assimilato a livello profondo questi concetti, ammetto di aver provato inizialmente una sorta di lieve disturbo quando vicki ha iniziato a parlare di queste statuette di dea doppia. dentro di me una vocina subdola provò a convincermi sulle prime che l'autrice, presa da un eccesso di integralismo femminista, stesse ignorando la base della religione primordiale, ovvero che la divinità è sia maschio che femmina allo stesso tempo. forse vedeva due paia di seni laddove invece le statuette descrivevano un androgino maschio-femmina, come quelle di shiva ardhanari, per intenderci? insomma, sulle prime le conclusioni di vicki non volli accettarle. man mano che scorrevo le pagine e ricostruivo insieme a lei la storia, però, e mi confrontavo con l'evidenza di quei manufatti portati alla luce dalle sabbie del tempo, ho avuto modo di comprendere con un'illuminazione folgorante quanto la storia che assimiliamo nei primi anni scolastici sia fuorviante rispetto alla percezione corretta di quale sia stato il reale percorso dell'umanità su questo pianeta. si dice sempre che la storia la scrivano i vincitori, ma mai come in questo caso un luogo comune, per quanto di buon senso, corrisponde al vero. in una cultura come quella occidentale plasmata nei secoli attraverso una religione dominata dal concetto di dio-padre, assimilare fin da bambini una visione patriarcale, lineare e rigida delle vicende storiche è normale e inevitabile. tuttavia. se emergessero, come questo libro dimostra, prove inconfutabili che l'umanità è stata per un periodo estremamente più lungo di quello in cui inizia la storia ufficiale della civiltà, dominata dal matriarcato. questo. che ripercussione avrebbe sull'intera percezione che abbiamo del mondo, della storia, dei sessi e di noi stessi?
mmhh certo che vi ho lasciati alle prese con un grattacapo mica da poco
posso dirvi che percezione avevo io della storia fino a non molti anni fa, come tutti gli occidentali, suppongo. per primi sono arrivati gli insegnamenti biblici impartiti grossolanamente in famiglia. che poi la mia era una famiglia parecchio ignorante, nonna domestica semianalfabeta e nonno disoccupato e lavativo cronico, mamma manicure con licenza media e niente papà, perché ero illegittima. quindi, le basi della cultura della mia fetta di mondo mi sono arrivate sommariamente intersecate da distorsioni popolari che già da piccola mi creavano dei gran mal di testa, quando mi soffermavo a ragionarci su. ma forse per questo accettate e impartite con la sacralità di un dogma, dato che nessuno nella mia famiglia si era mai configurato anche solo l'eventualità che potessero essere messe in discussione. dalla bastardella che ero io, poi, figuriamoci. quindi, eccomi lì a guardarli in tralice quando mi dicevano che dio aveva creato adamo, poi eva dalla costola, ecc ecc, credo che la storia la conosciate tutti. a scuola, pochi anni dopo, venni a sapere che eravamo stati scimmie, prima che uomini. ma la maestra-la stessa, perché ai miei tempi c'era la maestra unica, adesso non sono aggiornata a che punto siamo-nell'ora di religione ci riproponeva il racconto di adamo ed eva. ma, al di là che eva era una grande stronza, perché diamine, se non fosse stato per lei stavamo ancora tutti nel paradiso terrestre, quei due mi sembravano dei tipi intelligenti, che parlavano con dio, davano i nomi alle cose, agli animali, si facevano tentare dai serpenti. insomma, mica scimmie. che poi. mi chiedevo sempre pure perché le figure che rappresentavano l'evoluzione da scimmia a homo erectus a sapiens fossero tutti maschi. la donna sapiens mai. forse che gli illustratori dei miei libri delle elementari ce l'avessero con eva pure loro? le immagini umoristiche dell'uomo con clava che trascinava la propria femmina per i capelli sembravano dimostrare di sì. ma chi poteva metterci la mano sul fuoco? insomma, dei mal di testa da perderci il sonno. secondo la bibbia la terra aveva qualche migliaio di anni, secondo il libro di scienze qualche miliardo. insomma, io a chi cavolo dovevo credere? non trascorsero che tre o quattro anni da che avevo iniziato le elementari che, con una sensazione di tremendo sollievo, mi accorsi che in casa della nonna dove abitavo c'era qualcosa di estremamente prezioso che sembrava attendermi da sempre: una favolosa enciclopedia rilegata in venti volumi. non era una treccani, ma comunque ai tempi che i miei zii studiavano, mia nonna aveva investito una cifra considerevole per comprarla a rate. finalmente quei soldi sarebbero davvero valsi il sacrificio. la cosa che mi attrasse nella mia precoce e spasmodica ricerca di un senso rispetto a tutte le cazzate che mi sembrava che mi propinassero gli adulti fu la mitologia greca. cavolo! lì non era tutto angusto e angosciante come nella bibbia! c'erano dee e dei, eroi, storie fantastiche..mi perdevo nella lettura dei miti illustrati, al ritorno da scuola, quando, dopo il pranzo sempre un po' troppo pesante che nonna mi preparava, mi mettevo a pancia in giù sul letto della cameretta che era stata dei miei zii da ragazzi, e nonno mi portava puntualmente il piattino col kiwi o la mela con lo zucchero e lo stuzzicadenti infilzato.
ma sto divagando.
più avanti, come tutti gli studenti, ritrovai la mitologia greca anche nel corso dei miei studi, quando alle medie si inizia a conoscere l'epica. tuttavia, anche se prendevo dei bellissimi voti da secchiona con gli occhiali qual ero perché già la conoscevo tutta, ritrovavo anche i castranti insegnamenti biblici nell'ora di religione e quelli evoluzionistici nell'ora di scienze. per non parlare dell'ora di storia, che era uno strano miscuglio di tutto insieme. stando a loro. che fossimo stati scimmie o profughi edenici, comunque si parlava di un non meglio specificato periodo chiamato preistoria. poi, sfogliando appena una pagina del libro, con mia immensa meraviglia, trovai le prime meravigliose civiltà dell'egitto e della mesopotamia. diamine! che cose bellissime sapevano fare quei tipi là: conoscenze astronomiche, architettoniche, artistiche. e dire che secondo la mia religione erano solo degli sciocchi pagani, prima che noi portassimo loro la vera conoscenza!
insomma. le connessioni che le mie sinapsi stavano formando in quel periodo erano alquanto ingarbugliate. a scuola ero brava, la più brava di tutti e questo mi lusingava, anche se a casa non se ne curava mai nessuno, tranne forse nonno che mi portava al suo circolo degli anziani, la domenica mattina, per vantarsi di me davanti ai suoi compari. ma a casa niente pareva cambiare, e le mie eccellenti pagelle non frenavano la nonna dall'apostrofarmi a male parole quando osavo correggerla su un vocabolo del suo colorito frasario che era solita storpiare di continuo. eppure, neanche alle insegnanti interessava poi molto che mi facessi troppe domande, questo lo capii presto. in effetti, per diversi anni mi limitai ad essere una bravissima secchiona e basta, almeno nelle materie di studio. avevo intuito che se avessi messo troppo in difficoltà i docenti con domande esistenziali fuori programma ministeriale, tutta la loro predilezione nei miei confronti sarebbe ben presto andata a farsi benedire e avrebbero preso a trattarmi con quell'aria di scherno e sufficienza che mi riservava sempre nonna quando la correggevo e mi rispondeva che ne avevo da mangiare di patate. e beh. all'epoca non capivo questa battuta, ma da allora il desiderio smodato di patate non mi ha mai abbandonata. riservavo la mia eccellenza solo in occasione dei temi e lì, facendo finta che fosse tutta fantasia, mi capitava non solo di prendere voti stratosferici, ma addirittura di essere portata in trionfo nelle classi della scuola a recitare le mie storie. cosa che mi creava ogni volta un imbarazzo indicibile, perché ero pur sempre una secchiona goffa e con gli occhiali, a quei tempi. quella cosa delle sinapsi, poi, mi dava proprio del filo da torcere. mi toccava accantonare il problema di trovare un senso ad un sacco di cose finché ero solo una studentessa delle medie e membro di una famiglia in cui le uniche letture a profusione erano i gialli di nonno, i fotoromanzi di nonna e la selezione del reader's digest di mia mamma. così, anche se le mie sinapsi da ambidestra fremevano per intrecciarsi tutte in una fantasmagorica tessitura alternativa, mi toccò separare tutte le conoscenze che via via acquisivo in tanti compartimenti stagni. non appena mi veniva la tentazione di provare a fare dei collegamenti, ricacciavo indietro la voglia trascorrendo del tempo a guardare non è la rai e a cazzeggiare coi ragazzi della mia comitiva, come ogni adolescente che si rispetti dovrebbe fare.
ma ero pur sempre un'ambidestra e la vita non era facile per me. adesso che le tastiere dei pc sono più diffuse dei quotidiani il fenomeno è in rapida ascesa, ma all'epoca, in un mondo di destri e sporadici mancini, trovare qualcuno con entrambi gli emisferi cerebrali vivi e comunicanti era un'impresa da record, e io non potevo contare su pianisti negli immediati paraggi. e, anche nel caso, in famiglia non c'erano abbastanza soldi per permettermi di svolgere un'attività tanto elitaria, al massimo mi portavano alla piscina comunale. quindi, questo mondo di gente che ragionava spostandosi sempre tutta da una parte qualsiasi pensiero avesse, mi andava stretto e non avevo ancora fatto grandi sviluppi nella personalità, pertanto, di fronte alla prepotenza di chi metteva a tacere le mie curiosità esistenziali, capitava spesso che ammutolissi per giorni, quando non scoppiavo disperatamente a piangere. la cosa di usare entrambe le mani mi divertiva parecchio in effetti, e ringrazio la mia mamma di non avermi ostacolato a proseguire nell'uso della sinistra pur essendo cresciuta in una famiglia cattolica e ignorante in cui il motto "la sinistra è la mano del diavolo" non era preso davvero davvero sul serio, ma provocava in tutti una sottile suggestione che comunque spingeva mamma a dirmi di provare a usare anche la destra per scrivere, non si poteva mai sapere quel vendicativo di dio che poteva farmi succedere se diventavo del tutto mancina. e fu così, un po' per compiacere mamma, un po' perché trovavo soddisfazione ed intimo compiacimento solo nel fare cose da bambina autistica, che imparai fin da piccola a scrivere con entrambe le mani, oltre che a usarle entrambe indifferentemente per tutte le altre attività pratiche. crescendo, trovando altre ricerche che appagavano la mia curiosità, mi passò la voglia di voler fare il fenomeno a tutti i costi e smisi di allenarmi con una certa costanza nella scrittura ambidestra. lasciai fare al mio impulso naturale e scoprii un'altra cosa interessante: la sinistra era specializzata nella scrittura e nel disegno, la destra nelle attività pratiche e razionali. quando la prof di matematica mi chiamava a risolvere le equazioni alla lavagna, il gessetto lo impugnavo con la destra, tanto per dire, ma se mi capitava di disegnare, attività alla quale mi dedicavo con passione di poco inferiore alla scrittura, impugnavo la matita con la sinistra. molti anni dopo, quando conobbi leonardo da vinci e mi cimentai a mia volta nella scrittura speculare e nello studio del funzionamento sincronizzato degli emisferi cerebrali, capii finalmente il perché di un sacco di cose. ma in quel momento una sola era evidente: la razionalità è destra, la creatività sinistra. mi ero forse imbattuta per una botta di culo nella comprensione del perché il mondo ha preso decisamente una brutta piega?
la cosa della mano sinistra ha catturato il mio interesse per anni, in effetti. quando ancora non avevo colto la portata dell'intera questione, mi ricordo però che avevo chiarissima l'espressione di vago e inspiegabile disagio dei nonni quando mi vedevano scrivere come una mancina. forse era ancora la storia di quell'antipatica di eva che tornava a perseguitarmi con tutte le sue misteriose implicazioni? non capivo. l'unica cosa della quale non potevo dubitare era che gli anziani, nella mia cultura, avevano chiaramente interiorizzato un efficace quanto subdolo condizionamento in tal senso, poi trasferito nell'ignoranza popolare e lasciato indisturbato a stroncare quante più facoltà creative umane gli fosse possibile. ebbi conferma di questo molti anni dopo, in un periodo in cui mi dedicai al volontariato in una struttura cattolica interamente gestita in modo comunitario. a volte stavamo ore intorno a un tavolo a chiacchierare mentre si intrecciavano rosari. mi mordevo la lingua quando mi veniva voglia di dire che cristo e buddha erano state due figure altrettanto importanti nello sviluppo spirituale dell'umanità, ma non perché temessi qualcosa, quanto piuttosto perché quasi nessuno di quei ragazzi in recupero dalla tossicodipendenza conosceva chi fosse stato buddha. al contrario, gli era stato inculcato un singolare senso di riconoscenza verso gesù che li aveva salvati dalla morte certa, e di biblico terrore se avessero voluto abbandonare il protettivo nido della comunità.
ma per tornare alla questione della sinistra. un giorno che era presente una ragazza africana poco più che adolescente e che studiava dalle suore, mi capitò di aiutarla coi suoi compiti. qualcuno degli ospiti mi vide impugnare la penna con la sinistra e iniziare a spiegarle la materia. la sorpresa che vidi dipinta sul loro volto non mi suscitò nessun desiderio esibizionista quella volta, nient'affatto. piuttosto, mi fece risuonare un campanello d'allarme nella testa, che diventò una fragorosa scampanata qualche ora dopo quando, nel cortile in cui ci si riuniva per la mezz'oretta di pausa e sigaretta collettiva, uno dei direttori consacrati nominò la famigerata mano sinistra, riferendosi letteralmente alla mano, e non a qualche criptico significato allegorico nascosto nelle sacre scritture. decisa a sfoggiare il mio sorriso migliore per infrangere quel loro superstizioso tabù chiesi che cosa ci fosse che non andava nella mano sinistra. lo sguardo allucinato accompagnato dalla risposta che "era la mano del diavolo" che quel prete mi rivolse mi fece gelare il sangue nelle vene e morire il sorriso sulle le labbra. una sensazione simile devono averla provata le mie sorelle di fronte agli occhi glaciali eppure caldissimi di un padre inquisitore.
la stessa sensazione di condizionamento relativo alla mano sinistra, nella mia cultura, la provai in occasione di un altro paio di divieti o tabù annunciati come terrorizzanti ammonimenti biblici. quello di incrociare gli occhi per guardarsi la punta del naso e quello di masturbarsi.
nel primo caso, si diceva che si sarebbe rimasti strabici. nel secondo. addirittura ciechi! diamine. una mano che non si può usare, gli occhi, di nuovo una mano che non può toccare un'altra parte del corpo..mhhh. mi puzzava, mi puzzava troppo.
perché diavolo tutte queste proibizioni sull'uso libero del corpo umano fin da bambini? perché mi venivano tutte trasmesse in famiglia? una famiglia cattolica e ignorante, per la precisione? perché non potevo fare come cavolo mi pareva col mio corpo? bisognava saperne di più.
devo ammettere che tra tutte, la paura di diventare strabica ebbe la meglio su di me, o forse, l'impulso a guardarmi la punta del naso non era altro che un gioco d'abilità con cui, di tanto in tanto, noi bambini ci dilettavamo nei nostri pomeriggi in cortile. insomma. la punta del naso, nell'infanzia, con gran sollievo di mia nonna, me la guardai poco o niente. ma la mano..anche per una bambina come me era molto elementare come ragionamento: con la sinistra scrivevo bene e facevo dei bei disegni che mi facevano prendere degli ottimi voti dalla maestra. con la destra, grazie all'allenamento riuscivo a scrivere. ma ero più lenta, la calligrafia non era altrettanto bella, e di disegnare non se ne parlava proprio. certo che chi si era inventato quel divieto doveva essere stato proprio o un sadico o uno stupido. il presunto diavolo dei preti, quasi quasi cominciava a starmi più simpatico di loro.
per non parlare della masturbazione!
sono stata una bambina timidissima per tutti gli anni dell'infanzia. quindi all'epoca non ostentavo sfacciatamente questa pratica e i benefici che comporta. tuttavia, pur provando un misto di piacere e vergogna, pur sentendomi continuamente braccata dagli sguardi severi dei nonni, pur dovendo sviluppare un udito parabolico e un occhio dietro la testa pur di non farmi beccare dagli adulti a compiere quegli atti impuri di cui parlavano i comandamenti di mosè-come mi insegnava nonna-io, di masturbarmi non ho mai smesso. almeno fino a vent'anni, ma questa è un'altra storia.
un bel giorno mi capitò di andare al liceo. con mio sommo rammarico diedi ben poco sfoggio di eccellenza il primo anno di liceo classico, perché coincise con la mia prima, profondissima, crisi sciamanica da femmina shakti. tutti i nodi esistenziali legati alla mia origine illegittima decisero di essere sgarbugliati proprio in quel periodo, provocandomi un intenso bisogno di far luce sul mio passato e di conoscere il mio vero padre. inutile dire che non trovai l'aiuto che mi serviva in famiglia e questo mi precipitò in uno stato di depressione e prostrazione che mi fecero precipitare per oltre un anno in un abisso oscuro. diventai una di quelle adolescenti dark, adesso si chiamerebbero piuttosto emo, attratta dalle cose lugubri, dall'horror e dai vampiri e sempre sull'orlo di una crisi di pianto isterico. ma la storia che ero una secchiona con gli occhiali, sostanzialmente non cambiò quindi, oltre a diventare un'esperta di stephen king e a ricoprire la mia cameretta di poster di brandon lee versione corvo e di leggere e rileggere fino all'ossessione la mia collezione di dylan dog, non feci molto altro che vivermi la mia fase oscura tra le protettive e asfissianti pareti domestiche. le mie doti narrative trovavano comunque modo di farsi strada e di procurarmi dei bellissimi voti in italiano, ma per tutto il resto, la mia testa non ci stava più e-sommo disonore- quasi rischiai la bocciatura quel primo anno. ma di fronte alle tendenze suicide che non mi avevano abbandonato per mesi, direi che potevo comunque ritenermi soddisfatta. superata miracolosamente quella fase, ricominciai da capo in un'altra scuola, un liceo scientifico, dove piano piano tutte le mie doti tornarono a manifestarsi di nuovo. la cosa in assoluto più bella del liceo fu la scoperta che si poteva saltare l'insegnamento della religione cattolica. sulle prime fu solo una sorta di generico sollievo di fronte all'eventualità che qualche prete o catechista mi riproponesse in una nuova salsa una qualche versione della misteriosa favola di adamo ed eva. ma in effetti la vera sorpresa fu la possibilità in sé. nessuno, prima di allora, mi aveva detto che si poteva scegliere. ovviamente scelsi di trascorrere quell'ora nei corridoi della scuola, comprarmi una pizzetta rossa al baretto dell'atrio e ripassare la lezione per l'ora successiva. era comunque strano, perché a volte mi sentivo osservata e in qualche misura biasimata dai professori che passavano per i corridoi e mi vedevano lì a rifiutare palesemente gli insegnamenti cattolici. per fortuna non ero sola ma facevo parte di uno sparuto gruppetto che si rimpinguò di diverse unità per ogni anno che passava. al quinto anno, eravamo un esercito a fronte di un drappello di pochi coraggiosi, i quali, tuttavia, non riuscirò mai a capire dove abbiano attinto tanta forza per resistere.
molte cose iniziarono a cambiare, durante il liceo, in merito alla mia ricerca di un senso nella realtà del pianeta in cui mi trovavo a vivere. tutte le conoscenze catalogate ognuna nel proprio blocchetto avvolto da paratie stagne, tornarono nuovamente ad agitarsi e a cercare di fondersi in un'unica visione coerente.
la cosa delle sinapsi, sempre troppo sottovalutata quando non palesemente ignorata o rifiutata, è invece la base del nostro funzionamento cerebrale. giusto ieri riguardavo un'intervista rilasciata da beppe grillo ad annozero qualche mese fa. spiegava perché le redini del mondo e della politica dovrebbero passare ai giovani in questa fase della nostra evoluzione. diceva di avere sei figli di ogni età, dai diciotto ai trent'anni, e di sorprendersi di continuo della velocità con cui le loro sinapsi fossero capaci di fare collegamenti, di gestire informazioni, di rapportarsi contemporaneamente con tutti gli strumenti tecnologici. curiosamente con le mani faceva il gesto di ramificazioni che fuoriescono dalla testa, come una sorta di medusa di mitologica memoria. "noi non ce le abbiamo quelle sinapsi là" è stata la sua folgorante ammissione. ecco perché mi piace grillo, perché ha capito a che punto dell'evoluzione siamo, e non ha paura di farsi da parte a fronte del nuovo che avanza, un nuovo che è talmente oltre che un politico, vecchio maschio patriarca che ragiona solo con l'emisfero sinistro non potrà mai comprendere. streghe, eretici, blasfemi, nel corso dei secoli sono sempre stati coloro che nascevano e lottavano per conservare quella loro configurazione cerebrale alla ricerca continua e a volte pericolosa di ciò che il patriarcato ha sistematicamente deciso di tenere sottochiave. i tracciati sinaptici sono letteralmente le corsie su cui viaggiano i nostri pensieri. due emisferi sincronizzati permettono di muoversi dal cairo a new delhi a roma a new york con la velocità della luce. i compartimenti stagni di un solo emisfero, specie quello sinistro e razionale, l'unico che usano i destri, lo confinano in un pensiero binario o/o da sentierino di montagna o viottolo di paese. non è che non voglia. semplicemente non può. destra o sinistra? cattolico o ateo? maschio o femmina? santo o peccatore? dio o diavolo? questo è il pensiero che ha configurato i cervelli umani nella nostra civiltà.
all'epoca non potevo sapere nulla della questione, dei destri, mancini ed ambidestri. degli emisferi e di come costruire volontariamente delle autostrade su cui far viaggiare i pensieri a razzo. sapevo solo che la mentalità comune mi provocava la sensazione di una mano alla gola che provava a strozzarmi ogni volta che facevo il tentativo di assecondare il mio bisogno di conoscenza.
per tornare all'insegnamento della religione cattolica. negli anni delle elementari e delle medie, virtualmente era possibile saltarlo, certo. ma chi lo faceva? io abitavo-e abito tuttora-in un quartiere popolare, non ci sono molti filosofi dalle mie parti. le famiglie, sia che frequentino la chiesa sia che se ne tengano a debita distanza, comunque considerano un evento sociale di una qualche importanza il battesimo e la comunione dei loro figlioletti. nessuna famiglia cattolica, per quanto all'acqua di rose, si sognerebbe di far saltare l'ora di religione al figlio alle elementari, né di solito, a meno che lui non protesti con tutte le proprie forze, gli permette di saltarla alle medie. quando ero piccola io solo due generi di strane persone saltavano quella "materia" a scuola: i temutissimi testimoni di geova e i ragazzi davvero scapestrati alle medie, quelli senza una vera famiglia alle spalle, quelli che "basta che ho un'ora di buco in più e sono felice". questa era l'evidenza che plasmava la mia percezione di bambina. quelli bravi e normali, quelli con una famiglia dietro, quelli "come si deve", religione a scuola non la saltavano. di più. non sarebbe mai venuto loro in mente nemmeno di chiederlo. quegli inquietanti bambini figli di una religione sorella praticamente fotocopiata rispetto a quella cattolica più integralista, che non potevano festeggiare i compleanni, fare trasfusioni nemmeno se moribondi e non riconoscevano l'importanza del bambino gesù e di conseguenza del natale, sinceramente, spaventavano noi tutti. e i ragazzacci ripetenti alle medie, più grandi di noi che andavano a fumare erba nei bagni nell'ora d'aria, non erano proprio qualcuno da prendere a modello. e così, fino ai tredici anni, nessuna via di fuga che non ci accomunasse nemmeno lontanamente a quelle strane creature, che smetti di temere solo se fai lo sforzo di entrarci in empatia.
mia mamma con mia sorella minore era solita ripetere questa frase: "fino a che posso ti trasmetto i miei valori. poi troverai da sola la tua strada".
tredici anni di tempo concesso per fare scempio delle nostre sinapsi e far loro assumere una precisa configurazione limitante. per molti, il danno sarebbe stato irreversibile.
e così, il patriarcato, pareva aver scovato la formula ideale per limitare gran parte del potenziale creativo umano che passa necessariamente attraverso la perfetta padronanza e conoscenza del corpo. certo che erano sadici di brutto, ma furbissimi questi patriarchi qua. che poi. non capivo mica bene chi fossero. il dio della bibbia, con tutta la sua furia vendicativa perché gli avevano mangiato una mela del suo giardino personale? il gesù tutto amore di cui parlavano i vangeli? quell'antipatico di san paolo che non voleva che le donne parlassero in chiesa e non facessero un sacco di altre cose? non sapevo darmi una risposta e a dire il vero tutte queste domande, a quattordici anni, non le avevo ancora formulate nitidamente. mi ronzavano però in testa come un fastidioso sciame di api, che più le cacci più ti perseguitano. figuratevi la mia gioia quando al liceo, oltre ad essere al sicuro da quel mucchio di contraddizioni dei preti che mi facevano saltare i fusibili per riuscire a dargli un senso, mi imbattei nello studio della storia dell'arte, delle lingue classiche e della filosofia.
accidenti. e non potevano dirmelo prima che esistevano queste cose qua? mi lambiccavo. la storia dell'arte era una cosa interessante davvero. l'aspetto che mi stimolava era confrontarmi con le capacità artistiche e architettoniche dei presunti pagani. a me, sinceramente, sembravano proprio dei geni: il palazzo di cnosso con tutta la mitologia ad esso collegata, le piramidi, il tempio di luxor. e fortuna che in programma non c'erano riferimenti all'arte orientale, perché se all'epoca mi fossi imbattuta a scuola in una scultura tantrica di shiva e shakti avvinghiati in un sacro coito collocata in un tempio, con tutti quegli ormoni adolescenziali in circolo, non so che cosa sarebbe potuto succedere alla mia sanità mentale. bisognava procedere per gradi se non volevo farmi saltare i fusibili appena ripreso ad essere la bravissima secchiona di sempre. anche lo studio del latino mi aiutò molto, sia nell'esercizio di traduzione che nello conoscenza della letteratura romana antica. l'anno precedente di studi classici era pressoché passato invano da questo punto di vista, quindi mi toccò ricominciare da zero nel cercare di capire chi cavolo fossero stati davvero quegli sciocchi pagani. capii ben presto che molte delle lingue antiche erano molto più complesse del nostro linguaggio attuale, potevano agevolmente contare su una complessità di concetti e sfumature veicolate da una terminologia dalle infinite possibilità di costruzione. risalendo all'etimologia di molti termini, capii anche che nel loro uso attuale ne avevamo del tutto perso il significato originario, e questo era un peccato, perchè è attraverso i nomi che diamo alle cose che configuriamo la nostra realtà. studiando gli antichi romani, poi, e come avevano intrapreso la conquista del loro impero, mi imbattevo sempre nel curioso particolare della loro religione cosiddetta pagana. era senza dubbio singolare che le popolazioni assoggettate all'impero, al di là di vessazioni tributarie di vario genere, non avessero molto da ridire in merito all'assimilazione di tipo religioso. come se, in un'estensione di territorio molto vasta, ogni divinità del pantheon romano trovasse il suo esatto corrispettivo in quello greco, o egiziano, o prima ancora etrusco. avevano tutti più o meno un giove, un'atena, una venere, una diana, un apollo, un marte e un mercurio, nell'antichità. com'era possibile, mi chiedevo sempre? ogni funzione, per gli antichi, aveva il proprio nume tutelare: l'intelligenza, il potere patriarcale, la guerra, la natura selvaggia, la razionalità, la saggezza, l'amore e la sessualità potevano trovare tutti un preciso riferimento in una divinità specifica, di volta in volta sia maschile che femminile, al cui culto votarsi espressamente, pur nel sacro rispetto di tutte le altre. e beh. mi sembravano decisamente emancipati questi antichi. di questo non avrei mai più dubitato.
ai miei occhi, il primo pilastro delle fondamenta patriarcali si andava rapidamente sgretolando: forse la storia dell'umanità su questo pianeta non era quel processo lineare dalla rozzezza e stupidità degli antichi alla raffinatezza ed intelligenza dei contemporanei chiamato "progresso", come invece avevano provato a farci assimilare. forse gli antichi serbavano, seppure nella loro fase decadente, conoscenze di un mondo antico, di un'umanità evoluta, in pace con se stessa e con la divinità. una divinità che pareva infusa di intelligenza e saggezza, di doti sia maschili che femminili, per niente vendicativa se provavi a mangiare mele, ma che anzi si antropomorfizzava per comunicare all'uomo e alla donna che erano fatti a propria immagine e somiglianza. il senso del sacro, lungi dall'essere percepito come una costrizione per la curiosità umana e un insulto all'intelligenza, permeava ogni attività dell'Uomo permettendo e anzi favorendo lo sviluppo di tutte le potenzialità intrinseche nella nostra natura.
insomma la storia della nostra civiltà terrestre dalla preistoria ai giorni nostri, lungi dall'essere una freccia sparata a razzo verso il futuro, si configurava piuttosto come un ciclo decisamente involutivo. il senso del sacro, il rispetto per la madre terra, la percezione profonda di essere tutti figli di un'unica madre prima ancora che di un unico padre, l'avevamo decisamente persa. in cambio, avevamo guadagnato una serie di ammonimenti, proibizioni e torture fisiche e psicologiche avallate dal potere temporale di turno. mi chiesi seriamente, giusto l'anno prima di iniziare lo studio della filosofia, che cavolo fosse successo ad un certo punto della nostra storia collettiva.
secondo i nostri programmi ministeriali, almeno finché facevo il liceo io, lo studio della filosofia inizia dai presocratici: talete, parmenide, anassagora. eppure, io ho avuto una vera e propria folgorazione solo nei confronti del pensiero di socrate, nella versione che ne dà platone, e di pitagora. il prima e il dopo quelli che le mie sinapsi accreditavano come gente che aveva riflettuto in modo coerente sulla natura della realtà, non li ho mai presi granché in considerazione. forse erano gli unici ambidestri della storia della filosofia e per questo mi ci ritrovavo bene, un po' come mi succedeva con leonardo.
ma il punto era proprio l'idea stessa di filosofia che mi eccitava da morire. qualcuno, per la prima volta, mi diceva non solo che era giusto farsi domande sulla natura della realtà, ma che, nel corso della storia, l'umanità aveva fatto dei grandi passi avanti (a volte indietro) grazie a questi amanti della sapienza. in questa materia non c'erano persone punite col dolore e il sudore della fronte per essersi messi a usare la loro curiosità naturale, per aver voluto mangiare dall'albero della conoscenza di cui il dio biblico era geloso a livelli patologici. certo, molti filosofi avevano fatto una brutta fine per mano dei loro contemporanei, molto spesso gli stessi che sventolavano lo stendardo del dio della bibbia. ma prima dell'era cristiana, questa cosa del riflettere serenamente sulla natura della realtà, pareva non solo cosa possibile, ma addirittura fonte di grande onore e rispetto da parte dei contemporanei.
e già questo lo trovavo sublime, a maggior riprova che gli antichi tanto sciocchi non fossero. certo poi. il fatto che i miei preferiti fossero socrate e pitagora, tra quei pochi che se l'erano vista brutta anche ai loro tempi, era qualcosa che avrei approfondito e compreso solo molti anni dopo.
non fui eccellente nello studio della filosofia. un po' me ne dispiacevo, anzi, me ne rammaricavo molto, perché insieme alla fisica e alla geografia, queste materie stentavano a trovare una strada agevole attraverso i miei tracciati sinaptici. detto a modo mio. mi parevano tutte cazzate, o meglio..qualcosa di vero ma esposto in modo ostico, tale da farne perdere il senso autentico. molti dei filosofi in cui mi imbattevo mi procuravano gli stessi mal di testa della genesi biblica. qualcosa di ciò che dicevano mi risuonava da qualche parte nel cervello, il resto si perdeva nei meandri di un ragionamento per me incomprensibile. in casi del genere, studiavo più che potevo per rimediare un bel voto, e il giorno seguente avevo fatto completamente tabula rasa. tutto questo finché non incontrai lei.
i primi due anni di studio della filosofia, al di là dell'eccitazione iniziale, li trovai del tutto deludenti. a parte i due raggi di sole del pensiero platonico messo in bocca a socrate e di quello pitagorico, per il resto, una palestra inversa per le mie sinapsi. si eccitavano, questo è vero. ma non si disponevano a formare un bell'arazzo, quanto piuttosto un groviglio ingarbugliato.
quando all'ultimo anno di liceo apparve la mia vera insegnante, non mi presentai a lei con referenze di gran pregio nella sua materia. tuttavia ci volle davvero poco a ribaltare la situazione. vuoi che fosse donna, vuoi che fosse una reietta, o forse perché si dichiarava una strega calvinista o magari perché a volte faceva lezione al muro quando la classe non la seguiva..vuoi perché la sua apparente saccenza stava sulle palle a tutti, professori e studenti, tranne che a me. io seppi di aver incontrato la mia maestra.
fu dura con me, non mi risparmiò nulla, né onori né umiliazioni. ma alla fine dell'anno scolastico, dovendomi presentare alla maturità mi diede modo di scegliere se volevo avere come biglietto da visita un nove da secchiona o un dieci da eccellente. il dieci, mi diede ad intendere, non era solo una questione di media, che sarebbe rimasta pressoché invariata, ma di responsabilità. avrebbero provato a distruggermi in commissione d'esame, questo era chiaro. me la sentivo di correre il rischio?
ovviamente, sì, me la sentivo. preparai una tesina completamente ambidestra con cui ammaliai l'intera commissione per più di mezz'ora, mettendoli al corrente della mia visione dell'evoluzione umana attraverso l'arte, la storia, la filosofia, ma soprattutto lo slancio verso il recupero del senso del sacro al di là dei limiti che le religioni ufficiali ci hanno imposto.
i miei cento centesimi dimostrarono che avevo ragione, lei dimostrò che è sempre bene dar modo di scegliere dopo aver messo al corrente dei rischi. ma soprattutto.
io seppi di essere un filosofo.
la cosa che ebbi modo di chiedermi più avanti, quando intrapresi i miei studi da autodidatta alla ricerca di quelle uniche conoscenze che mandassero in fibrillazione le mie sinapsi serpentine da shakti, era: perché la storia della filosofia che studiavamo a scuola iniziava dai presocratici? se è vero che non si può pretendere addirittura che a scuola si studino le conoscenze orientali in merito alla filosofia, alla cosmogonia, alla spiritualità, trattandosi di una civiltà considerata troppo lontana dalla nostra, è pur vero che una sospettosa lacuna tutta occidentale era presente nei nostri programmi scolastici. mancava il pensiero degli egizi. insomma. li studiavamo in storia fin dalle elementari, quei buffi tipi tutti rigidi e con un occhio solo sempre di profilo, ci capitava di venire a sapere delle loro conoscenze astronomiche che regolavano i cicli del nilo e sul ritorno di precisi allineamenti planetari in base ai quali avevano orientato le loro piramidi più importanti- in geografia astronomica, l'ultimo anno del liceo. sapevamo dai fumetti di paperino che mummificavano i cadaveri e che avevano un sacco di conoscenze estetiche, su come dipingersi gli occhi o tingersi i capelli e addirittura farsi una ceretta integrale con lo zucchero! eppure superquark dedicato alle piramidi mi mostrava uno sfacciatissimo angela che diceva che i geroglifici egizi dei templi e delle piramidi e dei papiri non erano mai stati decifrati e che probabilmente non era nemmeno di fondamentale importanza per noi farlo. insomma. come ormai avevo imparato a riconoscere da una precisa scampanellata al centro del mio cervello, la vera storia dell'egitto e dell'egittologia serbavano un mistero che nessuno voleva che fosse portato alla luce.
per questo provavo una specie di disappunto in merito all'inizio della filosofia: i presocratici, che tanto mi sembravano caotici e arzigogolati nell'esporre le loro teorie, erano solo dei dilettanti allo sbaraglio rispetto al pensiero egizio. plutarco era solito dire, infatti, che il pensiero greco era come un bambino rispetto alla saggezza degli egizi. guarda caso, mi capitò di venire anche a sapere che platone e pitagora si erano entrambi-per così dire-diplomati in filosofia in egitto, e avevano operato la difficile traspozione dei medesimi principi da una mentalità più avvezza al pensiero astratto (cervello destro)ad un'altra tutta orientata sul pensiero logico e razionale(cervello sinistro). lo dicevo io che mi erano sempre sembrati due tipi geniali, quelli là.
ma insomma. che diavolo sapevano questi egizi che non bisognava divulgare? era dai tempi in cui venni a sapere che i primi cristiani avevano distrutto la bellissima e preziosissima biblioteca di alessandria che me lo chiedevo. anche quando quell'odioso del patriarca e dottore della chiesa san cirillo aveva dato ordine di fare letteralmente a pezzi la pitagorica e neoplatonica femmina ipazia-sempre in quel di alessandria d'egitto- che me lo chiedevo. così a intuito, pescando un po' dal libro di storia un po' dai fumetti di asterix, mi pareva evidente che dai tempi degli antichi romani la rivalità con gli egizi non era mai stata superata. cominciai a rivalutare la figura della povera regina cleopatra, trasferita nell'immaginario collettivo e passata alla storia come una gran puttana manipolatrice. al pari di eva, a pensarci bene. forse una donna regina e circondata da serpenti era qualcosa che il patriarcato voleva ad ogni costo lasciarsi alle spalle.
un'altra cosa che mi capitò di notare leggendo qua e là libri che via via mi consigliava la mia intuizione sciamanica era che nel corso dell'ultimo secolo, secolo e mezzo, qualunque egittologo avesse provato a diffondere una visione edificante del pensiero e delle conoscenze egizie, era stato duramente perseguitato e messo al bando dalla comunità archeologica. nei libri di storia su cui noi bambini imparavamo i rudimenti del mondo in cui eravamo nati, gli egiziani erano e dovevano restare dei curiosi tipi politeisti, un po' necrofili e che sapevano disegnare davvero male.
ma la comunità degli egittologi non aveva fatto i conti con la testardaggine di chi può contare sulla forza delle proprie intuizioni. e così, un tale chiamato rené adolphe schwaller de lubicz, un bel giorno, decise di prendere la moglie e andare in egitto- per la bellezza di quindici anni- a studiare insieme e riportare alla luce le conoscenze che quella sapiente civiltà del mediterraneo era stata forzatamente costretta a seppellire sotto le sabbie del tempo.
la mia fichissima maestra di filosofia del liceo doveva anche lei, in qualche misura, attenersi ai programmi. tuttavia, in occasione di qualche filosofo che secondo lei meritava davvero, tipo kant o nietzsche, ci faceva leggere direttamente dei brani delle loro opere, piuttosto che la riduzione del loro pensiero intrapresa da qualche filosofo contemporaneo, fosse anche tra i più accreditati. con me sfondava una porta aperta. era dai tempi in cui la prof di letteratura italiana ci aveva consigliato, in preparazione del compito su boccaccio, di leggere qualche novella del decameron- e io me le ero lette tutte quante- che non lesinavo la fatica in casi del genere. certo, platone era ormai parte di un programma lasciato alle spalle durante l'ultimo anno, tuttavia, alla prima occasione utile, iniziai a leggere le sue opere, così come feci anche con quasi tutte quelle di nietzsche, come qualcuno su questo forum dovrebbe ricordare. il punto era che anche studiando la filosofia, in genere ci attenevamo all'interpretazione che un filosofo contemporaneo, solitamente maschio e destro, dava di un pensiero che risaliva a un'epoca e a un funzionamento cerebrale che molto spesso non riusciva a comprendere. o a sottolineare abbastanza nella propria peculiarità. facendo lo sforzo di leggere direttamente le parole di quei saggi del mondo antico-alcuni più alcuni meno- si poteva comunque sviluppare la capacità di immedesimarsi in un modo di usare il cervello totalmente diverso rispetto a quello che ci è stato imposto dalla nostra civiltà.
per tornare al buon schwaller de lubicz e alla sua amata moglie isha, quei due fecero lo sforzo di andare direttamente alla fonte del pensiero che li affascinava come nient'altro al mondo e ci rimasero tutto il tempo che fu necessario. in barba alle smanie piromani dei primi patriarchi cristiani, il tempio di luxor conservava ancora dopo diversi millenni il cuore delle conoscenze iniziatiche dell'antico egitto.
figuratevi le mie sinapsi come cominciarono ad agitarsi e a serpeggiare impazzite quando venni a sapere che gli antichi egizi conoscevano alla perfezione tutta la storia degli emisferi cerebrali, del corpo calloso che li divide, delle funzioni della corteccia e di come questa potesse addirittura riconfigurarsi in relazione all'evoluzione spirituale dell'uomo. non solo. nel tempio di luxor veniva spiegato, attraverso un simbolismo architettonico perfettamente codificato, il funzionamento delle ghiandole più importanti e misteriose del corpo umano, la pituitaria e la pineale (altrimenti dette ipofisi ed epifisi) e la loro connessione attraverso lo sviluppo sessuale ad altre ghiandole collocate ben più in basso, proprio laddove i preti minacciavano di cecità perenne se ti andavi a sfrugugliare troppo a lungo. e beh. il pensiero mi corse immediatamente alla favola patriarcale secondo cui, nel corso del nostro progresso, noi umani abbiamo imparato a sviluppare sempre più massa cerebrale, ma che attualmente ne usiamo chi dice il dieci, chi il venti per cento delle possibilità. e che un giorno, quando forse voleranno le astronavi e ci saremo fatti impiantare un bel microchip nel cervello, allora ne potremo usare ben di più. ma no, grazie. oppure. ricordo gli insegnamenti di biologia che mi risulta ancora vadano per la maggiore, nei quali l'ipofisi non viene descritta nella totalità delle proprie funzioni, la pineale, manco a dirlo, viene presentata come una ghiandola misteriosa che si atrofizza durante l'adolescenza e che comunque non si è mai capito ancora bene a cosa serva. per non parlare delle ghiandole sessuali femminili, delle quali non ho mai sentito parlare prima di guardarmi i video di youporn e scoprire, con mia immensa meraviglia, che l'eiaculazione non è solo una questione da maschi.
così, ebbi modo di guardare in faccia l'amara realtà, quella che nessun ateo filosofo materialista vorrebbe mai sentirsi dire. sia che tu creda in dio, sia che tu ti vanti di non credere a quelle sciocche superstizioni, è sempre al dio che ti ha mostrato il patriarcato che fai riferimento. ed è sempre lo stesso medesimo pensiero limitante che si è fatto strada attraverso i secoli, sia che indossasse l'abito nero dei preti o il camice bianco dei dottori, ad aver tracciato le tue sinapsi. questo è il grande incantesimo del patriarcato. dopo aver impostato scientificamente per secoli il predominio del limitato pensiero binario, aveva dato modo di scegliere tra due scuole di pensiero, l'atea o la religiosa che comunque, a ben vedere, erano basate sullo stesso condizionamento cerebrale.
destra o sinistra? cattolico o ateo? maschio o femmina? santo o peccatore? dio o diavolo?
adesso l'intera questione mi risultava improvvisamente più chiara. le possibilità offerte dal pensiero binario in merito a questi amletici dilemmi erano più o meno quelle di una pallina da flipper: rimbalzavano impazzite da un lato all'altro del circuito preimpostato di un unico emisfero senza mai poter trovare una possibile via di fuga.
ancora adesso la maggior parte delle persone ti chiede se sei di destra o di sinistra, se leggi libero o l'unità tanto per dire. hai voglia a dirgli che sei "grillino", ti ridono in faccia.
se di fronte a un cattolico di bassa estrazione culturale ti capita di affermare di essere profondamente spirituale e di credere negli insegnamenti di cristo, ma di essere anche uno che riflette in modo indipendente sulla realtà e ti sta sul cavolo la chiesa, ti guarda con sospetto. l'ateo è l'unica categoria che riconosce come possibile contestatrice degli insegnamenti cattolici, non c'è storia. a meno che tu non ammetta di esserti convertito a geova, ad allah o a buddha. in tal caso, pur disapprovandoti, in un certo modo riesce a trovare un vago senso in quel che dici, che non gli impedisce tuttavia di guardarti di traverso, da quel momento in poi. se parli con un ateo, poi..apriti cielo. non puoi proprio nominare parole come sacro, divino, spiritualità e cristo, senza essere preso per un bigotto e ottuso cattolico.
santo o peccatore? dipende tutto da ciò che è considerato peccato in una data civiltà. marrazzo che va a trans, per esempio, subito dopo fa pubblica ammenda del peccato ritirandosi in un monastero e giura di voler ritrovare la retta via agli occhi del santo padre, il nostro papi, invece, si fa pubblico vanto delle proprie abilità amatorie ampiamente dimostrate attraverso i corpi gentilmente offerti da frotte di giovani fanciulle. ma per questo particolare dualismo il patriarcato è stato molto previdente, assicurandosi sempre di poter gestire, psicologicamente o monetariamente, il passaggio dalla seconda alla prima categoria.
dio o diavolo? per quanto tempo, prima che fosse possibile dichiararsi atei o agnostici, chiunque rifiutasse palesemente gli insegnamenti cattolici era tacciato di essere un adoratore del diavolo?
e veniamo al dualismo che più ha provocato danni al genere umano, da quando si è smesso di vederlo come una dualità: maschio o femmina? secondo le limitate possibilità del pensiero binario dell'emisfero logico-razionale, i due termini opposti non riescono mai a trovare una sintesi, ma si configurano come contrapposti e inevitabilmente rivali. ogni possibile passo verso la ricerca di un nuovo genere viene conseguentemente tacciato di devianza: omosessualità, transessualità, bisessualità sono quindi fenomeni apolidi, senza diritto alla piena cittadinanza.
in una società patriarcale che funziona in codice binario, ti tocca inserirti nella casella giusta e restare nei ranghi, se non vuoi perdere la considerazione sociale e la tua stessa identità.
dato che già lo so che qui qualcuno sta pensando che sono un tipo logorroico , in questo post mi limito a segnalarvi qualche link:
la terza via. questa cosa mi ossessionava. i latini codificarono uno strano ammonimento: tertium non datur. una terza scelta, una terza possibilità, non è concessa. o ti mangi questa minestra o ti butti dalla finestra. potere dei detti popolari. a mia nonna, non a caso, piaceva da matti questa frase qua, e la usava tutte le volte che mi preparava quella sua orribile pasta coi broccoletti oppure con la ricotta. ma perché mai, nonna, scusa? ti ci vuole tanto a farmi una minestrina col formaggino o-tuttalpiù-esentarmi dall'obbligo di mangiare la tua pasta che non mi piace? torture alimentari a parte, essere ambidestra mi portava spontaneamente a provare una sorta di ripulsa verso ogni dualismo che mi costringesse a scegliere tra due termini. è che ho il cervello configurato così: io sono alla continua ricerca della perfetta sintesi. d'altra parte mi capitava anche di notare che tutti coloro che avevano provato a mischiare indiscriminatamente due termini opposti avevano ottenuto lo stesso risultato di una maionese impazzita: centro-destra. centro-sinistra. in una parola. il pd. il fatto è che il sincretismo selvaggio e la vera sintesi sono due concetti lontani anni luce. non si possono prendere caratteristiche un po' da una parte un po' dall'altra e tentare un improbabile miscuglio che soddisfi e al tempo stesso scontenti tutti.
la vera sintesi, come scoprii diversi anni dopo studiando lo yoga, passa attraverso lo sviluppo di una precisa configurazione sinaptica.
ma vi parlerò di questo in un'altra occasione.
per ritornare al libro di vicki noble che ha dato la stura a questa mia interminabile disamina sul patriarcato, bisogna seriamente prendere in considerazione una cosa. le statuette e le varie espressioni artistiche di molte civiltà delle quali sappiamo poco o nulla perché i nostri libri di storia non ne parlano affatto oppure perché ne distorcono intenzionalmente i dati (un esempio tra tutti: le amazzoni. le raffigurazioni greche nella pittura vascolare presentano queste donne-guerriero del tutto abbigliate come un maschio. nella codifica di genere a quei tempi, tuttavia, si usava la pelle bianca per rappresentare simbolicamente le donne e la pelle più scura, rossiccia o marrone, per rappresentare gli uomini. beh. nel caso delle bianche guerriere amazzoni, queste vengono presentate nelle didascalie dei libri di storia come "guerrieri" maschi) facevano capo ad un'era matriarcale in cui, per semplificare di molto il concetto, il mancinismo era predominante. così come anche il ruolo femminile nella società, che fosse regale o sacerdotale. era questo che strideva all'inizio con la mia impostazione tantrica ambidestra, naturalmente portata a concepire l'androginato come la forma più ovvia di espressione sia umana che divina.
tuttavia, come mia sorella vicki mi ha insegnato grazie al suo prezioso contributo, frutto di moltissimi anni di studi sul campo delle antiche civiltà della dea, ad un certo punto, qualche migliaio di anni fa, esattamente laddove inizia la nostra storia ufficiale (che a ben vedere è solo la storia dello sviluppo e del predominio patriarcale e del cervello sinistro) l'evoluzione ha voluto che, dopo moltissimi millenni di predominio del pensiero astratto, simbolico e intuitivo del cervello destro e di venerazione per la Madre, all'umanità venisse dato modo di sviluppare anche l'altra metà del cielo. all'emisfero razionale sinistro, insieme al genere maschile che meglio lo rappresenta, è stato concesso di sviluppare appieno il proprio potenziale e di imporre la supremazia del Padre. questa transizione non è stata incruenta, nient'affatto. donne e serpenti, eretici e mancini, omo e transessuali, sono stati demonizzati, banditi e torturati come espressione del male più puro.
ma adesso, è finalmente giunto il Tempo della Sintesi.
molti tra coloro che mi leggono si saranno sicuramente soffermati a notare quanto i bambini che nascono sulla terra da tre decenni a questa parte siano in qualche misura "diversi". nei primi anni ottanta era ancora un fenomeno relativamente sporadico, ma via via, soprattuto negli anni novanta, una strana razza di nuovi bambini è venuta a colonizzare il pianeta. le caratteristiche principali di queste piccole creature erano una spiccata e innata ribellione verso qualunque forma di imposizione autoritaria, un'intelligenza vivace al pari di un'indole altrettanto vivace, problemi di apprendimento scolastico e abilità con le nuove tecnologie informatiche, oltre che un alto tasso di allergie e intolleranze alimentari. la reazione che questi bambini hanno suscitato nella classe medica e degli insegnanti è raramente stata di profonda comprensione, ma più spesso di tentativo di "normalizzazione". le difficoltà di apprendimento scolastico, lungi dal far venire il dubbio che fossero i programmi a dover essere completamente rivisti, hanno fatto sì che psicologi e psichiatri infantili, d'accordo con gli insegnanti, introducessero questo nuovo marchio infamante: il disturbo dell'attenzione e dell'apprendimento, talvolta curato per via farmacologica laddove dottori insegnanti e famiglie si sono coalizzati nello stroncare la genialità insorgente di queste creature. d'altra parte erano talmente vivaci e curiose da risultare faticose da gestire per un cervello sinistro del tutto impreparato. e poi ribelli fino a diventare pericolosi per se stessi e per gli altri, quando il tasso di rabbia accumulato per non essere compresi raggiungeva i livelli di guardia.
ho avuto esperienza diretta di bambini del genere, bambini che passano dalla genialità all'ottusità più completa nel volgere di un battito di ciglia. dolcissimi e terribili a seconda del modo in cui ci si rivolge loro.
la nascita in massa di bambini del genere doveva per forza significare qualcosa, un segno dei tempi che un cambiamento epocale era in vista, che finalmente, dopo secoli e millenni, l'opportunità di uscire dai limiti del cervello sinistro era davvero alla portata di tutti
una cosa che spiazza decisamente gli insegnanti in questo particolare periodo di transizione, è che i bambini non presentino una marcata lateralizzazione degli emisferi cerebrali. la scienza medica e pedagogica non hanno fatto in tempo a togliere ai poveri mancini il marchio dell'infamia che si portavano cucito addosso da svariati secoli, che ecco qua emergere questo nuovo salto evolutivo: i nuovi bambini non sono necessariamente e spiccatamente mancini. semplicemente, il loro cervello non si lateralizza in modo marcato, ma permane la bilateralizzazione degli emisferi.
e beh. devo dire che li capisco. il marchio dell'evoluzione che sta interessando il nostro pianeta è appunto una tendenza alla sintesi degli opposti.
l'era dei mancini è finita millenni fa.
l'era dei destrorsi si va rapidamente esaurendo.
l'era degli androgini ambidestri è alle porte.
ora. questo non può essere assimilato con facilità, lo capisco bene. leggendo molti articoli di medici e scienziati in merito all'argomento della lateralizzazione degli emisferi, mi è capitato di imbattermi nelle locuzioni "si lateralizza male", "lateralizzazione mancata", come a sottintendere, comunque, che se non scegli un emisfero dominante, che sia il sinistro oppure-finalmente-il destro, vieni comunque percepito come qualcuno che ha qualcosa in meno, piuttosto che come uno che ha qualcosa in più. di nuovo i limiti del cervello sinistro e del suo funzionamento binario.
ad ogni modo, se l'argomento vi ha destato una qualche curiosità, vi segnalo qualche altro link:
la mia prof di filosofia un giorno mi chiamò alla lavagna e mi umiliò pubblicamente. nessuno della mia classe riusciva a rispondere simbolicamente ad una domanda sul pensiero di hegel e lei diede per scontato che io ci riuscissi.
alla lavagna, gessetto in mano, mi chiese: data la tesi e l'antitesi, qual è il simbolo della sintesi?
panico. non lo sapevo proprio quale fosse, così mi lanciai in una specie di improbabile diagramma futurista. lo sguardo con cui mi liquidò e mi rimandò a posto ancora mi brucia sulla pelle.
mi tolse il gessetto di mano e disegnò un bellissimo cerchio.
a proposito. filosofo interessante hegel:
oggi la mia prof sarebbe fiera di me, ne sono sicura. chiudere il cerchio in maniera perfetta, come un bellissimo uroboro di alchemica memoria, è un desiderio che non mi ha mai più abbandonata. tuttavia, affinché una perfetta sintesi tra due termini opposti sia possibile, è necessario conoscerli questi due termini.
sul patriarcato mi sono soffermata a lungo in questo thread della dea doppia.
per una disamina di che cosa fosse e sia stato il matriarcato, ci vediamo insieme a vicki sul thread "il risveglio della dea" sempre in consigli di lettura.